Palestina, Instagram sta censurando gli account?

Palestina, Instagram sta censurando gli account?

Palestina, Instagram sta censurando gli account?


Quando il 13 ottobre Israele ha ordinato l’evacuazione dei civili che abitano nel nord della Striscia di Gaza, Shouq Al-Najjar ha lasciato la sua abitazione e si è diretta a sud, verso la città di Khan Younis, dove ora condivide una casa con 150 tra parenti e amici. Ogni giorno c’è da lottare per le cose essenziali: “I panifici sono arrivati al limite. Non riescono a far fronte alla domanda di pane – racconta la donna in un video inviato tramite Whatsapp. Gli ospedali potrebbero smettere di funzionare da un momento all’altro, perché non c’è elettricità né carburante per alimentare i generatori“.

L’invasione via terra di Gaza da parte di Israele è considerata imminente. Al-Najjar, coordinatore del Ma’an Development Centre, un’organizzazione no-profit che lavora con altre comunità locali per lo sviluppo umanitario ed economico di Gaza, dice che i posti in cui rifugiarsi sono finiti. Gli operatori sanitari e umanitari del posto parlano di un’imminente crisi umanitaria. I servizi sono al collasso. L’ultima centrale elettrica rimasta ha esaurito il carburante l’11 ottobre, solo tre giorni dopo l’inizio del blocco quasi totale di Gaza. Il 17 ottobre, il Ministero della sanità di Gaza ha chiesto alla cittadinanza di portare negli ospedali le scorte personali di carburante per mantenere in funzione i generatori. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa), non c’è più acqua potabile e le persone sono costrette a bere l’acqua sporca dei pozzi.

Con la situazione sul campo in continua evoluzione, i social media rappresentano un’ancora di salvezza. La gente si tiene informata grazie a una combinazione di video, messaggi di testo e note vocali, a cui si aggiungono le dichiarazioni ufficiali delle agenzie governative. Ma ottenere informazioni all’interno di Gaza, e da Gaza verso il resto del mondo, è diventato sempre più difficile. Gli attacchi hanno interrotto internet e l’elettricità nell’enclave palestinese, e venerdì scorso Israele ha promesso di tagliare l’accesso di Gaza al web. Da allora, i servizi sono stati intermittenti. Ad aggravare la situazione, i palestinesi e i loro sostenitori sostengono che le piattaforme di social media – in particolare Instagram, uno strumento di comunicazione fondamentale a Gaza – stiano applicando degli “shadow ban” sui loro contenuti, riducendone la visibilità a livello algoritmico in modo da renderli più difficili da trovare, oppure moderandoli volutamente in misura eccessiva. E anche se Meta, che controlla Instagram, nega che ciò stia accadendo e definisce i problemi “un’anomalia“, il fenomeno è documentato da anni. Questi blackout informativi potrebbero aggravare le sofferenze di chi fugge dai combattimenti o si trova sulla linea di tiro.

Gli shadow ban su Instagram

“[Gli shadow ban, ndr] rendono ancora più difficile mettersi in contatto con i propri cari e ottenere informazioni fondamentali su dove trovare medicine, cibo, passaggi sicuri, tutte cose gravemente limitate – spiega Deborah Brown, ricercatrice che si occupa di diritti digitali a Human rights watch –. Ostacolano anche seriamente la capacità dei giornalisti e degli osservatori dei diritti umani di documentare i crescenti abusi“.

Sui social network, gli shadow ban sono difficili da dimostrare. Ma utenti in tutto il mondo affermano che qualsiasi post con contenuti relativi alla Palestina o citazioni di Gaza raccolgono visualizzazioni e interazioni insolitamente basse. In alcuni casi, gli utenti di Instagram non hanno potuto commentare determinati post e hanno visualizzato un messaggio pop-up che recitava: “Limitiamo alcune attività per proteggere la nostra comunità. In base al tuo utilizzo, questa azione non sarà disponibile per te fino a [data]. Segnalaci se pensi che abbiamo commesso un errore“. Meta non ha risposto a una richiesta di commento.





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di Lila Hassan www.wired.it 2023-10-26 05:00:00 ,

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